In Italia i Comuni possono dare colore alla sinistra

Il candidato del centrosinistra alle elezioni comunali di Roma, Carlo Calenda, durante un comizio elettorale del 1 ottobre 2021.

È una specie di balletto statico che appartiene alle comuni democrazie europee. Al termine delle elezioni amministrative, i vincitori affermano che la loro vittoria ha un valore nazionale, mentre i perdenti cercano di imporre la lettura opposta.

Ma questa volta niente del genere. Dalla sinistra all’estrema destra dello schieramento politico italiano arriva la stessa smentita all’unanimità: le elezioni comunali parziali del 3 e 4 ottobre (con un possibile secondo turno il 17 e 18 ottobre) non si leggono se non semplici consultazioni locali, e soprattutto tutti i loro risultati non dovrebbero essere estrapolati. Non avranno alcuna influenza sulle scelte politiche del governo, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che cerca di allontanarsi dalle divergenze dei partiti, oltre a dare l’impressione di governance consultandosi con loro il meno possibile il più possibile.

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Nonostante tutto, la quota di questo voto è tutt’altro che insignificante. Solo 1.300 comuni italiani sugli 8.000 coinvolti, ma il ballottaggio va comunque ai 20 capoluoghi di regione, oltre alle quattro città più popolose del Paese: Roma, Milano, Napoli e Torino. Naturalmente, in virtù della loro diversità, queste megalopoli sono soggette a dinamiche molto diverse tra loro. Tuttavia, alcuni tratti comuni consentiranno comunque di trarre i primi insegnamenti dallo stato degli equilibri di potere, a otto mesi da quando il governo Draghi ha riunito quasi tutte le forze politiche del Paese.

Figure della società civile

Il primo è il ritorno, emerso dalla fine dell’alleanza tra Lega (estrema destra) e Movimento Cinque Stelle (M5S, antiregime), nell’agosto 2019, a una forma di bipolarismo. A destra, anche se le due formazioni dominanti non avevano la stessa posizione nei confronti del governo (la Lega di Matteo Salvini fa parte della maggioranza mentre i Fratelli d’Italia postfascisti, guidati da Giorgia Meloni, hanno preferito restare a parte), le alleanze si facevano senza troppe difficoltà, soprattutto nelle grandi città.

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La cosa più difficile, in fondo, è stata trovare candidati moderati che fossero in grado di incarnare questa alleanza a livello locale. Sono state così individuate figure della società civile, presentate all’elettorato lontane dalla vita di parte, anche se attivamente sostenute da tutte le componenti della destra. È il caso in particolare di Roma (Enrico Michetti), Milano (Enrico Bernardo) e Torino (Paolo D’Amilano).

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